NOZZE ANNULLATE A CAUSA COVID-19

Le restrizioni decise dal legislatore a causa dell’emergenza sanitaria hanno impedito anche la celebrazione di matrimoni.

In un contesto caratterizzato da grosse incertezze molte coppie hanno deciso di annullare le nozze già programmate, si pone pertanto il problema relativo alla restituzione delle somme di danaro versate a titolo di caparra o sotto forma di acconti a favore di agenzie matrimoniali, organizzatori di eventi, alberghi e ristoranti ove si sarebbero dovute celebrare le nozze.

L’impossibilità sopravvenuta.

Per i matrimoni e i ricevimenti che si sarebbero dovuti celebrare nei mesi in cui l’emergenza sanitaria era nel pieno della sua evoluzione e diffusione e per i quali i consumatori avevano stipulato contratti con hotel, ristoranti o agenzie organizzatrici di eventi, strutture ricettive, gli interessati possono invocare l’applicazione dell’art. 1256 del Codice Civile, ai sensi del quale l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Tuttavia, l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Coronavirus rientra sicuramente nella fattispecie dell’impossibilità sopravvenuta, non imputabile al debitore, assoluta ed obiettiva, dato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha classificata, con Dichiarazione dell’11/03/2020, come una vera e propria Pandemia.

L’essenzialità del termine.

Qualora si sia firmato un contratto con una struttura ricettiva per l’organizzazione dell’evento in una data certa (riportata nel contratto stesso) si può fare riferimento anche al concetto di termine essenziale.

In quest’ottica, se un matrimonio fissato per una determinata data non può celebrarsi per cause superiori non volute dai due futuri sposi (come nel caso della Pandemia da Covid-19), essi potrebbero non avere più interesse a svolgere la cerimonia nella struttura prescelta, proprio perché hanno interesse a che la cerimonia si tenga esclusivamente in quel giorno specifico, decorso il quale viene meno tale interesse e il contratto diventa risolubile ex art. 1457, comma 2 del Codice Civile. Di conseguenza i promessi sposi potrebbero chiedere la risoluzione del contratto e la restituzione delle somme eventualmente versate all’albergo o al ristorante.

 Il problema delle caparre e degli acconti.

È possibile recuperare la somma versata per fermare la sala o la struttura in generale?

Questo dipende dalla natura degli accordi intercorsi tra le parti. Qualora il pagamento dell'anticipo sia stato qualificato come “caparra”, la somma versata non potrà essere recuperata dagli sposi.

Se viene espressamente richiesta una caparra “penitenziale” secondo gli usi e le consuetudini il ristorante o la struttura ricettiva, dopo aver incamerato la somma, non può agire per ulteriori risarcimenti; se, invece, la caparra richiesta per l’organizzazione delle nozze è “confirmatoria”, la struttura può agire per il risarcimento del danno, oltre ad incamerare la caparra ex art. 1385 Codice Civile, purché il danno sia provato.

Se, invece, la causale del bonifico è semplicemente “cauzione”, “anticipo”, “acconto” e simili, allora la somma dovrà essere restituita agli sposi. Tuttavia, nulla vieta che le parti si accordino per rinegoziare il contratto, spostandone l'esecuzione ad altra data e tenendo fermo l'acconto già versato.

Tale circostanza rappresenterebbe un ottimo esempio di correttezza e buona fede delle parti, principio sancito dal Codice Civile in materia di obbligazione e contratti, e più volte ribadito dalla giurisprudenza.

Pagine realizzate con i fondi Ministero Sviluppo Economico. Riparto 2020