Striscia la notizia: informazione o satira?


Striscia la notizia è un programma che ha quotidianamente alcuni milioni di spettatori. Come associazione di consumatori siamo titolati e interessati a intervenire a loro tutela nel momento in cui Striscia la notizia veicola notizie false e utilizza modalità di contraddittorio poco rispettose dei doveri della stampa?

A mio parere assolutamente sì, perché vi è l’interesse generale dell’utenza radiotelevisiva a una corretta informazione, soprattutto da parte di un programma che si presenta anche (e soprattutto per quanto riguarda l’attività di inchiesta e denuncia) come programma giornalistico. Il fatto che nello stesso tempo Striscia la notizia sia anche una trasmissione di carattere satirico pone a mio parere un primo problema molto serio.

Satira o informazione?

Ma è satira o informazione? Perché quello che è permesso nel fare satira (ad esempio distorcere la realtà a fini umoristici) non è invece permesso nel fare informazione. A me pare evidente che Striscia la notizia si collochi in una dimensione assolutamente e volutamente ambigua: da un lato vuole essere un programma informativo di inchiesta e di denuncia (e nella home page del sito il riferimento alle inchieste condotte dal programma è ben evidente) perché a molti dei suoi spettatori piace immaginarlo così.

A dimostrazione di questo il programma sollecita espressamente l’aiuto degli spettatori nella denuncia di fatti e misfatti e si presenta in tutto e per tutto come un soggetto che vuole scovare e punire presunti malfattori (punizione mediatica che in alcuni casi può essere ben più grave e dannosa di una punizione inflitta da un tribunale dello Stato).

D’altro canto però, quando il programma finisce sotto accusa perché qualche sua vittima si lamenta dei contenuti e/o dei modi della trasmissione viene volentieri invocata o ricordata la natura satirica del programma.
Ho trovato in rete numerosi casi di polemiche (anche sfociate in procedimenti penali a carico di striscia la notizia) aventi ad oggetto i metodi di Striscia la notizia e è quello che segue è un intervento dell’ufficio stampa di Striscia la notizia in una discussione pubblica con una scrittrice che aveva criticato l’uso del corpo femminile nel programma:
“È stupefacente come si continui a gettare del fango su una libera trasmissione di satira, che tutti affermano di non vedere, per un filmato che nessuno ha mai visto. Tutto questo, più che ridicolo è penoso, speriamo che vi rendiate conto. Questa è vera violenza. 
giovedì, 12 maggio 2011 alle 11:41 am da Ufficio stampa Striscia la Notizia 
Insomma Striscia la notizia sarebbe una libera trasmissione di satira (che oltretutto si lamenta di essere oggetto di violenza per essere stata criticata, come se i metodi di inchiesta della trasmissione fossero invece pacifici!).
 
Tuttavia nella home page del loro sito (e molto spesso nel corso delle trasmissioni) la natura della trasmissione viene presentata con grande enfasi come quella di un programma di informazione, denuncia e inchiesta. 
Anche a voler considerare Striscia la notizia un programma satirico si dovrebbe concludere che è una satira più vicina all’informazione e alla verità (con i doveri che questo comporta) che una satira a mero scopo umoristico (con i diritti che questo comporta in termini di libertà di espressione artistica).

A mio parere in realtà Striscia la notizia è un misto tra i due generi, sapientemente creato per poter godere dei benefici sia dell’uno che dell’altro. Quando fa comodo (per l’audience e per la credibilità del programma) si vanta il contenuto informativo, quando però si deve rispondere della correttezza del proprio operato si invoca oltre al diritto di cronaca anche il diritto di satira. 
Insomma un programma serio e umoristico nello stesso tempo: serio quando bisogna vendere al pubblico un certo tipo di prodotto (le proprie inchieste), umoristico quando da accusatori si finisce sul banco degli accusati (“Dai, non ti sarai mica offeso, noi si scherzava…”).

Ma nel caso di Striscia la notizia la natura informativa e la natura satirica sono davvero compatibili tra di loro?
Il programma ha assunto nel corso degli anni una tale visibilità come programma di denuncia e di inchiesta ma soprattutto ha un tale potere mediatico ed economico alle spalle da risultare quanto di più distante si possa immaginare dall’idea della satira come libero prodotto intellettuale di un artista che attacca il potere.

Striscia la notizia ha ed esercita quotidianamente da decenni un gigantesco potere e che sia il potere a fare satira invece che esserne oggetto è a mio parere un fatto piuttosto preoccupante.
 

I metodi di inchiesta

Passiamo dalla natura del programma ai metodi di inchiesta che spesso vengono utilizzati.
Un classico delle cosiddette inchieste di Striscia la notizia sono gli appostamenti a sorpresa che colgono alla sprovvista il soggetto sottoposto ad inchiesta e lo mettono di fronte al fatto che la trasmissione ha scoperto qualcosa di negativo su di lui.

Dopo che il programma ha raccolto le prove di accusa il soggetto viene fermato in luogo pubblico o rintracciato a casa o sul luogo di lavoro da una troupe del programma e messo di fronte alle sue responsabilità, vere o presunte.

Inchieste condotte in questo modo a mio parere non possono essere qualificate in alcun modo come aventi un contenuto satirico. 
In primo luogo sono gli stessi inviati del programma a definirsi giornalisti.
Sarebbe curioso si definissero artisti nell’esecuzione di uno show ma soprattutto sarebbe controproducente in termini di credibilità delle inchieste presentarsi come showman e non come giornalisti di inchiesta.

In secondo luogo le modalità sostanziali sono quelle tipiche dell’inchiesta giornalistica. Se si accusa qualcuno di aver violato la legge (magari penale) con modalità inquisitorie che non sono permesse neppure ad una autorità pubblica e con l’attribuzione di fatti determinati a suo carico il contenuto satirico sostanziale è del tutto irrilevante e non può certo essere costituito da elementi formali quali battute spiritose o espressioni umoristiche assunte dall’inviato della trasmissione. Siamo nel pieno nell’esercizio del diritto di cronaca giornalistica. Striscia la notizia ha il diritto di esercitarlo ma ha ovviamente il dovere di rispettarne le regole.

Quando parliamo dei doveri di un giornalista ci riferiamo a una serie di regole ben precise. Gli articoli 2 e 48 della legge professionale n. 69/1963 impegnano il giornalista a essere e ad apparire corretto. I principi, ricavati dagli articoli 2 e 48, "formano" la deontologia professionale vivente dei giornalisti:
1) la libertà di informazione e di critica (valori che fanno definire il giornalismo informazione critica) come diritto insopprimibile dei giornalisti. La Corte costituzionale ha sottolineato, con la sentenza n. 1/1981, "il rilievo costituzionale della libertà di cronaca (comprensiva della acquisizione delle notizie) e della libertà di informazione quale risvolto passivo della manifestazione del pensiero, nonché il ruolo svolto dalla stampa come strumento essenziale di quelle libertà".
2) la tutela della dignità della persona umana e il rispetto della verità sostanziale dei fatti principi da intendere come limiti alle libertà di informazione e di critica. 
3) l'esercizio delle libertà di informazione e di critica ancorato ai doveri imposti dalla buona fede e dalla lealtà;
4) il dovere di rettificare le notizie inesatte (La rettifica è, per il giornalista, un dovere e un obbligo giuridico: "Il diritto alla rettifica delle notizie pubblicate costituisce fondamentale diritto della persona a tutelare la propria immagine e dignità Pertanto la rettifica va pubblicata conformemente a quanto richiesto, senza che né il direttore del giornale né il giudice abbiano facoltà di modificarne il testo, o anche di sindacarne il contenuto sotto il profilo della veridicità" (Trib. S. Maria Capua V., 22 gennaio 1999; Parti in causa Corriere Caserta c. Credito it.; Riviste Foro Napol., 1999, 37); "L'istituto della rettifica disciplinato dall'art. 42, legge 416/1981 riconosce a chi soggettivamente si ritenga leso da un'informazione non rispondente a realtà il diritto di ottenere la pubblicazione della <propria verità>, garantendo così una dialettica nell'ambito del sistema d'informazione; è pertanto superfluo il vaglio dell'esattezza della notizia originaria" (Pret. Milano 26-05-1986; Soc. Biscardo c. Soc. ed. Il Corriere della Sera; FONTI Dir. Informazione e Informatica, 1986, 940 nota di ZENO ZENCOVICH). L’articolo 4 del Codice sulla privacy del 3 agosto 1998 arricchisce il quadro di doveri del giornalista, che è chiamato a rettificare errori ed inesattezze "senza ritardo");
5) il dovere di riparare gli eventuali errori;
6) il rispetto del segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse;
7) il dovere di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori;
8) il mantenimento del decoro e della dignità professionali;
9) il rispetto della propria reputazione;
Insomma al diritto di cronaca di SLN fanno da doveroso contrappeso i doveri che una testata giornalistica deve avere.

Esaminiamo le modalità con le quali si svolgono le inchieste di SLN e vediamo se siano compatibili con i doveri di correttezza e deontologia professionale sopraindicati.

Innanzitutto uno dei metodi di maggiore successo mediatico utilizzato da Striscia la notizia per ottenere dichiarazioni da parte di una persona sottoposta a inchiesta si concretizza tramite quello che si può definire un vero e proprio agguato. Previo appostamento/pedinamento la vittima viene fermata e l’intervista (ma sarebbe più corretto dire l’interrogatorio) viene condotto a microfoni aperti e telecamera accesa.

L’inviato del programma di norma adotta uno stile concitato e aggressivo, che unito all’effetto sorpresa dell’agguato, alla notorietà del programma, alla presenza di eventuali curiosi attratti dalle telecamere non può che mettere in una condizione di stress psicologico la vittima, a prescindere dal fatto che la accuse di Striscia la notizia siano fondate o meno e a prescindere dalla loro gravità.

Il tono dell’interrogatorio oscilla tra l’inquisitorio e il canzonatorio (cosa che permette di mantenere l’ambiguità tra satira e informazione vista in precedenza). La vittima viene succintamente accusata di qualche malefatta e gli vengono fatte in diretta ed in contemporanea accuse e domande.

Se il soggetto rifiuta di rispondere (scelta del tutto logica e legittima vedremo dopo il perché), soprattutto se riveste un ruolo pubblico, viene accusato di non “rispondere ai giornalisti” e di sottrarsi al confronto e per lui si aprono le porte di un possibile giudizio mediatico in contumacia.

Insomma la scelta delle vittime delle inchieste di Striscia la notizia è sempre una scelta perdente: se rispondono lo fanno in una condizione di stress e inferiorità, colti di sorpresa, pressati da un inviato aggressivo, senza aver avuto tempo di preparare una difesa, con un microfono e una telecamera pronti a cogliere e registrare qualsiasi omissione, errore o semplice incertezza e darli in pasto ad alcuni milioni di telespettatori sbavanti.

Ma anche la scelta di non rispondere (o quella assolutamente ragionevole di rimandare il confronto) è sempre fatta nelle medesime condizioni di stress e inferiorità. 
L’impressione del telespettatore difficilmente sarà positiva, soprattutto perché chi non risponde viene di norma incalzato dall’inviato e accusato di rifiutare il confronto, come se avesse di sicuro qualcosa da nascondere o, peggio, di cui vergognarsi.

La scelta tra accettare il confronto immediato e rifiutarlo è particolarmente dolorosa e ingiusta soprattutto per chi avrebbe buoni argomenti per replicare alle accuse del programma.
Chi ha buoni argomenti ha tutto l’interesse ad avere il tempo necessario per organizzarli e a un confronto che si svolga in un contesto di civiltà e garanzie reciproche (ad esempio, per par condicio, una telecamera e un microfono a disposizione dall’accusato e non solo dell’accusatore). Magari dopo aver avuto tempo di preparare con ordine la propria replica e di poter consultare qualche documento o di assumere a sua volta altre informazioni utili alla sua causa.

Rifiutare l’intervista o chiederne il rinvio espone però al rischio che il programma mandi in onda la registrazione del rifiuto. Rifiuto che purtroppo rischia di somigliare ad una fuga, date le circostanze di concitazione connesse all’agguato.

Su questo punto specifico c’è ad esempio il caso del governatore siciliano Crocetta:

http://livesicilia.it/2013/05/31/il-bassotto-mi-e-molto-simpatico-ma-e-stata-una-pugnalata_325646/

Ma è una nota consuetudine del programma quella di stigmatizzare il rifiuto a dare risposte immediate, quasi che sia un diritto degli inviati di Striscia la notizia (e non si capisce se sia un diritto di qualsiasi altro giornalista) poter interrompere chiunque (sia sul lavoro che in un momento di riposo), pretendendo di essere ricevuti senza appuntamento e pretendendo risposte immediate alla proprie accuse.
Si tenga conto che, una volta rifiutato il confronto, eventuali precisazioni scritte successive daranno quasi sempre una magra soddisfazione. Sicuramente minore rispetto a quelle ottenibili parlando di fronte alla telecamera.

È a questo punto dell’analisi che credo sia necessario sottolineare quello che è a mio parere il vero punto dolente delle inchieste di Striscia la notizia. Anche quando il programma viene trasmesso in diretta (non si capisce se questo avvenga sempre o solo in alcune occasioni) le interviste e gli agguati esterni non sono mai trasmessi in diretta. 
Una volta registrate le immagini dell’agguato e dell’eventuale intervista rilasciata dalla vittima queste saranno a disposizione della redazione che, nei tempi e nei modi che riterrà opportuni, potrà tagliare e montare il servizio, immagino secondo le proprie esigenze di spettacolarizzazione e di audience.

Ma se l’intervista non viene trasmessa in diretta non si capisce per quale motivo ci sia la necessità di predisporre un agguato per fare delle domande pretendendo una risposta immediata. Più civilmente ed educatamente si potrebbe chiedere un appuntamento e porre le medesime domande in un contesto di maggior rispetto della persona interrogata/investigata. Poi, in tema di verità, completezza e correttezza dell’informazione, pare evidente che avere delle risposte meditate e precise sia meglio che averle precipitose e imprecise.

Certo l’intervista fatta in questo modo è meno spettacolare dell’agguato improvviso ma riteniamo che le esigenze di rispetto della persona e di verità, completezza e correttezza dell’informazione siano più importanti delle esigenze di audience e spettacolarizzazione di un programma della TV commerciale.

Si noti bene che gli agguati e relative interviste non sono (e non saranno mai trasmessi in diretta) perché questo comporterebbe dei grossi rischi per la trasmissione stessa, in primis perdere il controllo degli eventi.
Se l’agguato o l’intervista risultano più lunghi del previsto si sforeranno i tempi, se risultano noiosi si perderà audience. Circostanze che una tv commerciale non può permettersi.
Infine c’è il rischio, ancora più pericoloso per l’immagine del programma, che la vittima dell’agguato giri la situazione a suo favore o dimostri che l’inchiesta è un buco nell’acqua.

Dare un microfono in diretta a una persona significa cederle il potere di utilizzarlo, mentre è molto più sicuro registrarla e poi scegliere, di regola a sua insaputa, se e cosa trasmettere. 
Insomma è molto più comodo e sicuro fare un bel lavoro di montaggio in differita perché in questo modo tutto il potere di scelta rimane nelle mani della redazione del programma.

In sostanza alla vittima viene chiesto senza preavviso e senza preparazione di rispondere subito e in diretta ma l’inchiesta e le immagini della sua intervista andranno in onda dopo essere state montate a piacimento della redazione. Una clamorosa disparità tra le prerogative dell’accusa (mediatica) e della difesa (mediatica).

Un metodo di questo tipo, che non prevede nessuna garanzia per l’intervistato/inquisito e che lo pone fin da principio in condizione di inferiorità e stress mi pare del tutto incompatibile con i principi di tutela della dignità della persona umana e di rispetto della verità sostanziale dei fatti e dei doveri imposti dalla buona fede e dalla lealtà.

È un sistema che nel metodo somiglia a un vero e proprio interrogatorio in uno stato di polizia. Ogni cosa detta potrà essere usata a carico della vittima e l’unico diritto di difesa è quello di rifiutare il confronto, scelta che tuttavia espone alle conseguenze negative indicate sopra.

Francamente trovo stupefacente che un metodo di questo tipo sia utilizzato da oltre 20 anni con una sostanziale accettazione acritica da parte della società italiana, anzi abbia fatto proselitismo (creando il genere della cronaca aggressiva di cui un altro esempio è la trasmissione “Le iene”).

Che una importante parte dell’audience televisiva guardi con interesse e fiducia programmi di questo tipo è comprensibile. Queste trasmissioni si sono costruite con abilità una buona reputazione in materia di denuncia e inchieste, scegliendo con cura i bersagli da attaccare: di norma soggetti piuttosto spregevoli (tra cui truffatori di ogni risma) per i quali la gogna mediatica è vista da molti spettatori come una meritata punizione.

In questo meccanismo di sostanziale accettazione delle gogna mediatica conta molto a mio parere l’incapacità del sistema giudiziario italiano di reprimere l’illegalità diffusa e i tanti comportamenti truffaldini che i cittadini subiscono (o dei quali sono comunque al corrente). A torto o ragione programmi come SLN sono visti da molti come un strumento repressivo più che informativo e il giudizio di colpevolezza emesso dalla trasmissione viene accettato senza riserve.

Mi pare superfluo sottolineare la pericolosità di un approccio di questo tipo, tenuto conto che la trasmissione ha accettato di buon grado il ruolo di giustiziere mediatico dei cittadini contro torti e ingiustizie.

Il problema di questo tipo di giustizieri è tuttavia che essi vanno molto bene fino a quando rimangono personaggi immaginari di un fumetto (ad esempio Tex Willer): di norma sono infallibili ma anche quando sbagliano non fanno danni veri.

I giustizieri nella vita reale sono invece piuttosto pericolosi, perché essendo uomini possono sbagliare, con conseguenze in alcuni casi piuttosto serie.

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2013/18-gennaio-2013/fu-accusato-striscia-notizia-impiegato-suicida-anno-dopo-2113601008080.shtml

Per questo motivo, sia a garanzia della dignità delle persone (a prescindere dalla loro eventuale colpevolezza) che a garanzia della correttezza delle informazioni ritengo l’approccio giustizialista adottato da Striscia la notizia sia del tutto ingiustificabile e auspico la cessazione dei metodi di inchiesta finora adottati.

Del resto un famoso inviato della trasmissione (Valerio Staffelli) è stato condannato dalla Corte d’Appello di Roma per il reato di violenza privata per i metodi utilizzati durante un classico agguato (con vittima Augusto Del Noce), anche se il reato è stato poi giudicato prescritto in cassazione.

Tuttavia, mentre è evidente che a livello di singoli casi il problema abbia una sua rilevanza giuridica, mi pare che in questi anni si siano pericolosamente trascurate le implicazioni di sistema di un programma televisivo che ha assunto un potere mediatico enorme a cui si aggiunge un grande potere economico, grazie alle ricchissime sponsorizzazioni di cui gode.

Tanto più forte è un potere tanto maggiori dovrebbero essere, in un paese civile, le garanzie a favore di chi diventa oggetto delle attenzioni di quel potere. Viceversa nel caso di Striscia la notizia, anche grazie alla commistione tra diritto di cronaca e diritto di satira, abbiamo un soggetto privato che utilizza l’enorme potere di cui dispone per esercitare attività di indagine, potenzialmente su qualunque cittadino.

Parafrasando, mi viene da dire: “chi difende i cittadini dai difensori dei cittadini?”

Infine ci sarebbe da fare qualche riflessione sui bersagli che vengono scelti da Striscia la notizia e sulle motivazioni per cui ne vengono scelti alcuni piuttosto che altri. Vista l’elevata audience del programma credo che sia una problematica del tutto legittima.